Perché mai impiegare delle ottiche vintage su fotocamere digitali di ultima generazione? Che senso ha? Beh, per cercare di rispondere, cominciamo col vedere cosa si intende per "vintage". Normalmente gli obiettivi si considerano sufficientemente vecchi, al punto da essere comparati al buon vino invecchiato ("vintage" è un termine enologico), dopo vent'anni dalla loro uscita sul mercato. Il che significa che, ad oggi, parliamo al massimo del 1999.
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Un 17 mm Vivitar (in realtà Tokina) montato su una Olympus Micro4/3 con un adattatore "booster" Viltrox |
Onestamente, io credo che più ragionevolmente dovremmo considerare come veri "vintage" solo gli obiettivi pre-autofocus, oppure i primi AF usciti sul finire degli anni '80, ma ovviamente questa è una mia opinione.
Supportata però da una logica di fondo: che il motivo per cui molti amano utilizzare questo genere di ottiche è la sensazione "tattile" del metallo e della gomma, il piacere di una ghiera di messa a fuoco dalla corsa lunga e precisa e altre sottigliezze del genere.
Presenti, sia chiaro, anche in alcuni obiettivi contemporanei di alta gamma (pensiamo agli Zeiss o ai Leica), ma che un tempo erano praticamente universali.
Si resta sempre stupiti nel vedere come ottiche economiche, all'epoca considerate poco più che "fondi di bicchiere" (e io ne ho diverse) abbiano comunque una costruzione meccanica impeccabile, un peso importante e una dolcezza nella messa a fuoco che davvero rende piacevolissimo utilizzarle.
Gli obiettivi russi, ad esempio, o comunque quelli dell'Est Europa prima del crollo del muro di Berlino, sono in grado di regalare belle emozioni, anche se magari a volte la resa ottica è discutibile.
E qui veniamo al secondo aspetto della questione. Perché le ottiiche progettate per l'analogico in linea di principio non funzionano bene sul digitale: i sensori infatti non amano i raggi luminosi molto inclinati, e dunque le ottiche contemporanee sono ottimizzate per questo aspetto, quelle vecchie no; inoltre il trattamento antiriflesso delle lenti ha fatto passi da gigante, e obiettivi degli anni '60 o '70 (come certi AI di Nikon) non possono tenere il passo con le versioni moderne.
Ci sono anche molti obiettivi con un solo strato antiriflesso e addirittura senza alcun trattamento, come quelli degli anni '30 e '40 e in parte degli anni '50. D'altra parte erano previsti soprattutto per il Bianco e Nero - allora imperante - e certi problemi, come l'aberrazione cromatica, non erano tenuti in grande considerazione.
Questi limiti e problemi, donano però alle ottiche "vintage" una loro forte personalità: sono i loro difetti ad attirare noi amanti del "Lo-Fi", il fatto che si possano ottenere immagini particolari, impossibili da realizzare anche con i software di postproduzione, ad esempio certe sfocature radiali, o il cosiddetto "swirling". Tutti difetti legati a una progettazione ottica fatta ancora, davvero, con carta e matita, visto che solo dagli anni '70 si è iniziato a usare il computer.
Dunque non si ricorre alle ottiche "vintage" per risparmiare, ma per scopi creativi, anche se a volte alcune di loro sono in grado di competere con quelle moderne. Ma son casi relativamente rari.
Ovviamente, quando parliamo di obiettivi di vent'anni fa, dunque moderni sebbene pre-digitali, l'aspetto economico può anche valere, specialmente per ottiche specializzate, come certi Macro (penso ad esempio ai 90 mm MF di Tamron e Tokina) o certi teleobiettivi (ricordo ancora con piacere il mio Sigma 400/5.6 APO), ancora in grado di dare belle soddisfazioni, specialmente se non se ne fa un uso estremo.
L'argomento è molto vasto e articolato, e certamente tornerò a parlarne. Intanto, se ti va, puoi ascoltare (e scaricare) il podcast su Spreaker che ho dedicato a questo argomento.
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